Estratto da "il verdesalvia" n°ro 2 del 19 novembre 2007
Carissimi lettori, riprendo il tema delle anticipazioni del numero del 5 novembre 2007.
Vi propongo oggi alcune argomentazioni per presentare quello che definiamo il “progetto globale” della società e quindi il “benessere globale”. Globalizzato: “ciò che è comune, globale”, ovvero: “crescente dipendenza dei paesi gli uni dagli altri” (wikipedia), termine che in antitesi ci aiuta a capirne i significati, ma senza entrare nel merito dei risvolti politici e dei fatti di cronaca.
Difficile non divagare sui mille temi correlati perché di ognuno si potrebbe scrivere interi articoli.
Trascendiamo.
Non intendo tediarvi, ma per chiarire il significato di “Globalizzazione” ci è sempre di aiuto lo Zanichelli, e quindi la sua definizione: “processo conoscitivo proprio dell’età infantile tendente a cogliere innanzitutto l’insieme di un oggetto e a differenziare solo successivamente gli elementi che lo compongono…..”
…. A rileggerlo preoccupa ! siamo considerati in tal modo ….entità così elementari da capire solo gli insiemi e poi (forse) la distinzione tra le cose ??!
Globalizzato, è forse colui il quale nella sua migliore espressione rappresenta il pensare comune e manifesta opinioni comuni. Mi viene in mente quel movimento del pensiero moderno (il qualunquismo) che pretendeva di esprimere le opinioni e le aspirazioni del cittadino medio, ed affermava che la forma dello stato ideale fosse quella puramente amministrativa.
Ogni individuo ha delle proprie facoltà, capacità intellettive, spazi, relazioni ed ambiti in cui vive le sue esperienze che non possono esser considerate “globali”; abbiamo o no ancora la capacità di distinguere ?
Il “pensare comune”, il “pensare globale” sta passando tramite i media, e altri strumenti di controllo dell’opinione, come la più elevata facoltà del pensiero della società del XXI° secolo.
Il nostro pensiero è il Nostro !
Dite BASTA al richiamo sornione della televisione, strumento per nulla democratico che impone per prima il pensiero globale, che arriva dall’alto e che come un “monito” nessuno può contraddire. Ristabiliamo i rapporti con le persone e non con la televisione.
Il nostro pensiero è il Nostro !
Torniamo a ripercorrere quello che facciamo ogni giorno, ai comportamenti ed alle abitudini che già da tempo volevamo e non riuscivamo a cambiare attingendo alle nostre facoltà intellettive.
Portarci con l’auto da un coltivatore diretto, che comunque si trova ad 1 km da un noto centro commerciale, che differenza ci può fare ? cosa ci costa in più rispetto alle nostre abitudini ? Al contrario, troveremo dei vantaggi perchè dedicheremo più tempo ad altro, risparmieremo benzina ed emissioni “globali” di CO2, eviteremo alcune code in auto, e relative incazzature per la ricerca del parcheggio o per il carrello che ha la ruota “sifula” e non va come dovrebbe.
Insomma in modo più sostenibile, rivolgiamo l’interesse a noi stessi ed agli “elementi che compongono l’insieme”. Rivalutiamo i mercati locali, o quelli di strada, quelli spontanei, di scambio, di acquisto a basso prezzo e con prodotti sostenibili.
Le “regole tecniche” del mercato globale sono volte alla genesi di un sistema esclusivamente ideato per far assorbire i “colpi” (spesso bassi) alla intera collettività.
Lo definisco “l’effetto spugna”.
I contraccolpi su scala locale sarebbero della portata di uno Tsunami mentre a livello “globale”, l’intero mondo si trova nelle stesse condizioni, si ritiene possa sopportare meglio le crisi, o gli errori, siano essi economici, finanziari o politici.
Godiamo (?) della nostra vita globalizzata, siamo tutti più felici in quanto assumiamo una consapevolezza comune di fronte agli eventi, insomma siamo tutti un pò “global” ?! Pensiamo insieme la stessa cosa… sviluppiamo così il nostro senso di appartenenza.
In verità il cittadino “globale” assorbe ed ha la capacità di rilasciare ancora qualche cosa.
Siamo considerati delle spugne !
Ecco la leva che si propone alla psicologia collettiva.
Guardare alla politica ed alla economia internazionale era cosa di tutti i giorni, sino agli anni ’90. In Italia il dibattito per quindici anni si è svolto pressoché al nostro interno per i noti fatti che si sono susseguiti dopo la prima repubblica e nel mentre la economia globale ci ha assorbito, senza sforzo, come se il nostro paese fosse un gigante addormentato, trascinato per i piedi da altri e chissà dove…. in un macello ?!
Tornando alla alimentazione, mi soffermo su alcune tecniche di vendita che studiano gli esperti del settore (segnaliamo “l’esposizione come strumento di vendita” di C. Casella – visual merchandising).
In quale altro paese troviamo prodotti autoctoni di elevato e riconosciuto valore nutrizionale con gusti unici al mondo ? Tutti gli altri paesi, potremmo dire, hanno prodotti unici… e invece no. Il burro di arachidi non è certo paragonabile al mascarpone o alla ricotta fresca ! nei megasupermercati tra i reparti ci fanno trovare la stessa serie di prodotti, italiani, messicani, tailandesi, e ormai troviamo anche l’angolo giapponese del sushi.
Ma dove e come siano collocati i prodotti, ve lo siete mai chiesto ?
Nei supermercati di media dimensione i prodotti più “forti” vengono collocati negli scaffali ad altezza occhi, rispetto agli altri (alla altezza media degli occhi dell’uomo/donna medio/a), sulle testate delle corsie i prodotti da “battaglia”, quelli in offerta, così come le miriadi di tic-tac, barrette ed ovetti di cioccolato sono ad altezza bambino ed in prossimità delle casse, così vieni preso per sfinimento mentre devi fare i sacchetti o vuotare il carrello e pagare ! Nei centri commerciali si infilano in serie dallo scaffale più alto a quello più basso, e chi ha più visibilità…. Occupa più colonne, sino a sei, sette in serie !
Tecniche di marketing strategico e quindi di posizionamento dei prodotti sono più o meno note, e comunque in evoluzione, e il compratore medio che fa la spesa non può essere considerato una variabile impazzita che gira senza acquistare i prodotti di riferimento che pagano per essere in pole position !
Una volta (circa 35 anni addietro) si fece una scoperta incredibile, ma che fu denunciata al mondo intero: nei sottofondi musicali diffusi nei centri commerciali si scoprì che venivano inviati “messaggi sub-liminali” sia per convincere all’acquisto sia come deterrente per i furti (in forma di messaggi quasi impercettibili del tipo: compra, pirla, compra la pasta Favilla, compra bigolo, compra la passata firio…. pirla ! oppure: io sono buono, io non rubo, io sono buono….), il tutto ai danni degli utenti. Le associazioni dei consumatori eruttarono contro questi strumenti di controllo del fare comune e solo nel paese della libertà non furono bandite. Ancora oggi nei video, nei cartoni animati, nei film per bambini e adulti veniamo continuamente sollecitati ed esposti a questi subdoli meccanismi della comunicazione (?)
Vi propongo oggi alcune argomentazioni per presentare quello che definiamo il “progetto globale” della società e quindi il “benessere globale”. Globalizzato: “ciò che è comune, globale”, ovvero: “crescente dipendenza dei paesi gli uni dagli altri” (wikipedia), termine che in antitesi ci aiuta a capirne i significati, ma senza entrare nel merito dei risvolti politici e dei fatti di cronaca.
Difficile non divagare sui mille temi correlati perché di ognuno si potrebbe scrivere interi articoli.
Trascendiamo.
Non intendo tediarvi, ma per chiarire il significato di “Globalizzazione” ci è sempre di aiuto lo Zanichelli, e quindi la sua definizione: “processo conoscitivo proprio dell’età infantile tendente a cogliere innanzitutto l’insieme di un oggetto e a differenziare solo successivamente gli elementi che lo compongono…..”
…. A rileggerlo preoccupa ! siamo considerati in tal modo ….entità così elementari da capire solo gli insiemi e poi (forse) la distinzione tra le cose ??!
Globalizzato, è forse colui il quale nella sua migliore espressione rappresenta il pensare comune e manifesta opinioni comuni. Mi viene in mente quel movimento del pensiero moderno (il qualunquismo) che pretendeva di esprimere le opinioni e le aspirazioni del cittadino medio, ed affermava che la forma dello stato ideale fosse quella puramente amministrativa.
Ogni individuo ha delle proprie facoltà, capacità intellettive, spazi, relazioni ed ambiti in cui vive le sue esperienze che non possono esser considerate “globali”; abbiamo o no ancora la capacità di distinguere ?
Il “pensare comune”, il “pensare globale” sta passando tramite i media, e altri strumenti di controllo dell’opinione, come la più elevata facoltà del pensiero della società del XXI° secolo.
Il nostro pensiero è il Nostro !
Dite BASTA al richiamo sornione della televisione, strumento per nulla democratico che impone per prima il pensiero globale, che arriva dall’alto e che come un “monito” nessuno può contraddire. Ristabiliamo i rapporti con le persone e non con la televisione.
Il nostro pensiero è il Nostro !
Torniamo a ripercorrere quello che facciamo ogni giorno, ai comportamenti ed alle abitudini che già da tempo volevamo e non riuscivamo a cambiare attingendo alle nostre facoltà intellettive.
Portarci con l’auto da un coltivatore diretto, che comunque si trova ad 1 km da un noto centro commerciale, che differenza ci può fare ? cosa ci costa in più rispetto alle nostre abitudini ? Al contrario, troveremo dei vantaggi perchè dedicheremo più tempo ad altro, risparmieremo benzina ed emissioni “globali” di CO2, eviteremo alcune code in auto, e relative incazzature per la ricerca del parcheggio o per il carrello che ha la ruota “sifula” e non va come dovrebbe.
Insomma in modo più sostenibile, rivolgiamo l’interesse a noi stessi ed agli “elementi che compongono l’insieme”. Rivalutiamo i mercati locali, o quelli di strada, quelli spontanei, di scambio, di acquisto a basso prezzo e con prodotti sostenibili.
Le “regole tecniche” del mercato globale sono volte alla genesi di un sistema esclusivamente ideato per far assorbire i “colpi” (spesso bassi) alla intera collettività.
Lo definisco “l’effetto spugna”.
I contraccolpi su scala locale sarebbero della portata di uno Tsunami mentre a livello “globale”, l’intero mondo si trova nelle stesse condizioni, si ritiene possa sopportare meglio le crisi, o gli errori, siano essi economici, finanziari o politici.
Godiamo (?) della nostra vita globalizzata, siamo tutti più felici in quanto assumiamo una consapevolezza comune di fronte agli eventi, insomma siamo tutti un pò “global” ?! Pensiamo insieme la stessa cosa… sviluppiamo così il nostro senso di appartenenza.
In verità il cittadino “globale” assorbe ed ha la capacità di rilasciare ancora qualche cosa.
Siamo considerati delle spugne !
Ecco la leva che si propone alla psicologia collettiva.
Guardare alla politica ed alla economia internazionale era cosa di tutti i giorni, sino agli anni ’90. In Italia il dibattito per quindici anni si è svolto pressoché al nostro interno per i noti fatti che si sono susseguiti dopo la prima repubblica e nel mentre la economia globale ci ha assorbito, senza sforzo, come se il nostro paese fosse un gigante addormentato, trascinato per i piedi da altri e chissà dove…. in un macello ?!
Tornando alla alimentazione, mi soffermo su alcune tecniche di vendita che studiano gli esperti del settore (segnaliamo “l’esposizione come strumento di vendita” di C. Casella – visual merchandising).
In quale altro paese troviamo prodotti autoctoni di elevato e riconosciuto valore nutrizionale con gusti unici al mondo ? Tutti gli altri paesi, potremmo dire, hanno prodotti unici… e invece no. Il burro di arachidi non è certo paragonabile al mascarpone o alla ricotta fresca ! nei megasupermercati tra i reparti ci fanno trovare la stessa serie di prodotti, italiani, messicani, tailandesi, e ormai troviamo anche l’angolo giapponese del sushi.
Ma dove e come siano collocati i prodotti, ve lo siete mai chiesto ?
Nei supermercati di media dimensione i prodotti più “forti” vengono collocati negli scaffali ad altezza occhi, rispetto agli altri (alla altezza media degli occhi dell’uomo/donna medio/a), sulle testate delle corsie i prodotti da “battaglia”, quelli in offerta, così come le miriadi di tic-tac, barrette ed ovetti di cioccolato sono ad altezza bambino ed in prossimità delle casse, così vieni preso per sfinimento mentre devi fare i sacchetti o vuotare il carrello e pagare ! Nei centri commerciali si infilano in serie dallo scaffale più alto a quello più basso, e chi ha più visibilità…. Occupa più colonne, sino a sei, sette in serie !
Tecniche di marketing strategico e quindi di posizionamento dei prodotti sono più o meno note, e comunque in evoluzione, e il compratore medio che fa la spesa non può essere considerato una variabile impazzita che gira senza acquistare i prodotti di riferimento che pagano per essere in pole position !
Una volta (circa 35 anni addietro) si fece una scoperta incredibile, ma che fu denunciata al mondo intero: nei sottofondi musicali diffusi nei centri commerciali si scoprì che venivano inviati “messaggi sub-liminali” sia per convincere all’acquisto sia come deterrente per i furti (in forma di messaggi quasi impercettibili del tipo: compra, pirla, compra la pasta Favilla, compra bigolo, compra la passata firio…. pirla ! oppure: io sono buono, io non rubo, io sono buono….), il tutto ai danni degli utenti. Le associazioni dei consumatori eruttarono contro questi strumenti di controllo del fare comune e solo nel paese della libertà non furono bandite. Ancora oggi nei video, nei cartoni animati, nei film per bambini e adulti veniamo continuamente sollecitati ed esposti a questi subdoli meccanismi della comunicazione (?)
Ecco in sintesi:
Spesa Globale = Controllo globale
Spesa Globale = Controllo globale
La prossima volta che faremo la spesa, cerchiamo di non farci indurre al forzato acquisto dei prodotti leader, anche questa è una piccola prova di “localizzazione” cui ci vogliamo sottoporre.
f.a.
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